Il dottor Francesco Merli interviene sulle terapie CAR-T
Il Direttore dell’Ematologia reggiana illustra questo passaggio fortemente innovativo, ma che al momento coinvolge solo alcune patologie specifiche
In questi giorni una notizia medico scientifica di grande rilievo ha ottenuto pieno risalto anche sui media generalisti, e potrà avere ricadute importanti nella cura di diverse patologie complesse: si tratta ovviamente dell’approvazione della prima terapia cellulare, i cosiddetti medicinali CAR-T, da parte dell’Agenzia europea per i medicinali.
Sul significato e i risvolti pratici di questa approvazione risponde ad alcune domande il dottor Francesco Merli, Direttore della Struttura Complessa di Ematologia al Santa Maria Nuova e Presidente della Fondazione GRADE Onlus.
Dottor Merli, in cosa consiste la terapia CAR-T?
“Si tratta di una tecnologia che consente di coniugare la specificità dell’anticorpo per riconoscere il tumore con l’efficacia dei linfociti T, che fanno parte del nostro sistema immunitario. I linfociti T vengono prelevati dal paziente stesso mediante una leucaferesi e modificati dal punto di vista genetico con l’inserzione di un frammento di DNA, in modo da riconoscere i recettori della cellula tumorale. I linfociti T vengono poi moltiplicati e reinfusi al paziente. È una terapia che viene effettuata una tantum”.
La terapia con CAR-T per quali patologie è indicata?
“Attualmente ha l’indicazione solo in campo onco-ematologico: le leucemie linfoblastiche refrattarie o recidivate dopo due linee di terapia in pazienti di età inferiore a 25 anni e i linfomi diffusi a grandi cellule dell’adulto recidivati dopo due linee di terapia”.
È possibile che questa terapia possa in futuro venire applicata anche in altri tumori?
“È molto probabile. È una tecnologia che potrebbe essere replicata anche in altri tumori ematologici. Ci sono studi sperimentali nelle leucemie acute mieloidi e nel mieloma. Più complesso l’impiego nel campo dei tumori solidi, per la maggiore difficoltà di identificare “bersagli” idonei su questa tipologia di cellule tumorali”.
Quali problemi può presentare la terapia con CAR-T?
“È una terapia che può essere gravata di severi effetti collaterali, compreso il rischio di mortalità, in particolare per la cosiddetta sindrome da rilascio di citochine, dovuta alla repentina distruzione delle cellule tumorali. Inoltre sono possibili rischi infettivi per prolungate citopenie e neurotossicità. Per questo tale terapia dovrà essere effettuata in centri clinici accreditati in grado di gestire in modo efficace tutte le emergenze. Di tutt’altro tenore il problema legato ai costi. Il prezzo non è stato ancora negoziato da AIFA, ma negli Stati Uniti, dove il farmaco è approvato dal 2017, si parla di centinaia di migliaia di dollari. La sostenibilità da parte del sistema sanitario nazionale potrebbe essere problematica”.
In questi giorni questa nuova terapia è stata rilanciata con grande enfasi dai media: un’enfasi giustificata?
“Ritengo che andasse sottolineata con forza la grande novità rappresentata da questa terapia e soprattutto le possibili prospettive future. Il modo, come spesso accade, mi è parso fuori misura. Alcuni titoli a tutta pagina del tipo “Tumori, arriva la cura della svolta” rischiano di ingenerare speranze illusorie nelle persone che vivono il problema del tumore su loro stesse o in famiglia, portandole a credere che la soluzione sia a portata di mano e destinata a tutti i tipi di tumore. Non a caso in questi giorni negli ambulatori e nei corridoi dell’ospedale abbiamo ricevuto tante richieste di chiarimenti relativamente alle patologie più svariate. In realtà stiamo parlando di una terapia che, oggi, in Italia riguarderebbe circa 700 adulti con linfoma a grandi cellule e 80 bambini con leucemia linfoblastica a fronte delle decine di migliaia di persone affette da tumore nel nostro Paese. Ciò non toglie che potrebbe essersi aperta una pagina del tutto nuova nella storia della terapia dei tumori”.