Mi chiamo Viola, ho 33 anni.
Sono da poco trascorsi nove anni da quel 15 Settembre 2010, in cui fui convocata dal dr. Merli al reparto di ematologia, per comunicarmi gli esiti della biopsia al linfonodo sopra alla clavicola sinistra che mi era stata fatta la settimana precedente.
Nove anni, ma ricordo quel giorno come se fosse ieri.
Era un mercoledì pomeriggio, il reparto di ematologia quell’anno si trovava ancora nel vecchio stabile distaccato dall’ospedale, il corridoio era deserto, ero l’ultima paziente in lista di quel giorno, i miei genitori mi accompagnarono entrambi ed ora rileggo quella situazione come segni premonitori della notizia che avrei ricevuto di lì a poco.
Ma io quei segni non li percepii, ero tranquilla, ero solo una ventiquattrenne spensierata, i miei genitori invece se lo aspettavano, avevano un presentimento.
Entrammo nello studio del dr. Merli e lui si rivolse a me dicendomi “il tuo purtroppo non è solo un linfonodo reattivo ma è un Linfoma di Hodgkin”. Una doccia fredda.
Ebbi una sensazione di smarrimento ed incredulità, guardai i visi dei miei genitori e lessi sulle loro espressioni conferma e dolore. Sapevo ben poco del Linfoma di Hodgkin, se non che era un tumore, me ne aveva parlato mio padre proprio quel giorno prima di uscire per quell’incontro, altro segno che non avevo avvertito, forse voleva a modo suo prepararmi. Ma non si è mai preparati a queste notizie.
Il dr. Merli ebbe la capacità e la sensibilità di tranquillizzarci e ci spiegò meglio la situazione.
Era forse la terza volta che lo incontravo, ma fin da subito mi trasmise calore, sicurezza e fiducia, si dimostrò una persona ed un medico di gran competenza
e umanità, grazie alle sue parole non ebbi nemmeno per un momento la paura di non farcela.
Il termine che mi spaventava maggiormente era “chemioterapia”, ne avevo sempre sentito parlare come una cura necessaria ma con effetti devastanti che distrugge tutto ciò che tocca anche se lo scopo è la guarigione.
Dal giorno seguente iniziò la procedura di esami ed accertamenti per la stadiazione, prelievo del midollo, tac, pet. Risultato: stadio 1B. Mi inserirono in un protocollo di cura sperimentale. 3 cicli di chemioterapia e 15 sedute di radioterapia.
Non serve dire che non furono mesi facili, la perdita dei capelli, la nausea, aghi, flebo e ancora farmaci ma non mi lasciai abbattere. Chi mi conosce può dire che non ho mai perso il sorriso e questo lo devo anche alla vicinanza fondamentale della mia famiglia, del mio ragazzo e dei miei amici, senza di loro non sarebbe stato possibile affrontare serenamente questa esperienza, perchè l’affetto delle persone che amiamo nei momenti difficili è impagabile.
Ho accettato con entusiasmo la proposta di scrivere la mia esperienza, è bello
pensare di poter dare forza e fiducia, anche se con poche parole, a chi sta
affrontando questo percorso. Trovo che sia un progetto importante, come tante altre iniziative del GRADE, che riesce a dare voce a diversi punti di vista e ai tanti vissuti di persone che inconsapevolmente hanno tutte fatto parte di una stessa famiglia, il reparto di Ematologia.
Non ringrazierò mai abbastanza Francesco Merli che mi ha presa in cura, mi ha sostenuta e mi ha seguita nei controlli fino ad oggi, il personale ed i medici di allora e che tuttora collaborano per permettere ai pazienti di tornare a vivere una vita serena e poter realizzare i propri progetti.
Oggi posso ricordare piuttosto bene le sensazioni provate durante quell’esperienza ma senza dolore, vivo quel percorso come un frammento negativo della mia vita che però mi ha resa più forte e più matura. Sono contenta di quella che sono ora e di quello che ho realizzato!
Viola Pattacini